A seguito di un giudizio con consulenza tecnica di ufficio veniva proposta opposizione al decreto di liquidazione dei compensi emesso in favore del CTU.
Venivano effettuate le seguenti contestazioni, relative a:
Il Tribunale di primo grado rigettava il gravame, pertanto veniva proposto ricorso in Cassazione.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 20972/2017, si esprime sul ricorso presentato.
Nel giudizio in esame non era richiesto al CTU una stima immobiliare (che generalmente prevede un compenso calcolato a scaglioni – dm 30 maggio 2002), tuttavia l’operato del tecnico è comunque suscettibile di una determinazione economica.
Al CTU erano stati affidati plurimi quesiti che avevano imposto una verifica non solo delle unità immobiliari, ma anche delle parti comuni e di un’area di proprietà del ricorrente.
Pertanto il CTU proponeva il calcolo dell’onorario in percentuale rispetto al valore dell’immobile, piuttosto che calcolato a vacazione. Ricordiamo che l’onorario per la prima vacazione è pari ad euro 14,68 e per ciascuna delle successive è di euro 8,15: inoltre 1 vacazione corrisponde a 2 ore lavorative!
Ne consegue che, essendo il valore dei beni “determinabile”, il compenso dovuto al consulente tecnico d’ufficio chiamato alla stima dei beni da dividere non può essere liquidato col criterio delle vacazioni, ma col criterio a scaglioni, di cui all’art. 3 del d.m. 30 maggio 2002, che va applicato dal giudice in base al valore risultante dagli atti e, se del caso, dalla stessa consulenza d’ufficio.
Viene confermata la sussistenza dei presupposti legittimanti al raddoppio degli onorari, ritenendo che l’attività svolta avesse un’eccezionale importanza, complessità e difficoltà.
La possibilità di aumentare fino al doppio i compensi liquidati al consulente tecnico d’ufficio, prevista in passato dall’art. 5 della legge 8 luglio 1980, n. 319, costituisce oggetto di un potere discrezionale attribuito al giudice, che lo esercita mediante il prudente apprezzamento di pertinenti elementi di giudizio, quali:
L’omessa produzione della documentazione giustificativa è ritenuta ininfluente ai fini del riconoscimento delle spese, che comunque trovano giustificazione nel complesso delle attività esperite, dovendo escludersi che la loro quantificazione fosse eccessiva o immotivata.
A tal fine deve poi ricordarsi che sebbene la nota spese del consulente tecnico debba essere specifica e corredata della documentazione delle spese documentabili, ciò non è necessario per quelle che non richiedono fatturazione o ricevuta fiscale perché insite nella presentazione dell’elaborato (quali la carta, gli inchiostri e i materiali di supporto e di cancelleria) o per i costi di trasporto ove lo studio professionale o la residenza del consulente non siano nelle vicinanze dell’ufficio giudiziario o degli altri luoghi in cui l’ausiliare si debba recare a cagione dell’incarico.
Ne deriva che essendovi delle spese per le quali la liquidazione non richiede anche la produzione di documentazione giustificativa, il ricorso risulta comunque carente del requisito di specificità, in quanto omette di indicare in maniera puntuale quali spese siano state riconosciute al CTU.
Per tutte queste ragioni la Corte di Cassazione rigetta il ricorso, confermando l’onorario del CTU.